Neurofeedback, tutto sulla tecnica scelta da Marco Mengoni per liberarsi dallo stress

Neurofeedback, tutto sulla tecnica scelta da Marco Mengoni per liberarsi dallo stress

Si tratta di una metodologia che allena le persone ad auto-modulare la propria attività cerebrale, attraverso l’impiego di un elettroencefalogramma e di un software associato. Ecco come funziona e in quali casi può rivelarsi efficace

di Francesca Gastaldi

 

Una sorta di allenamento per il cervello attraverso l’impiego di un elettroencefalogramma.

In estrema sintesi è questo il principio del neurofeedback, la tecnica che, come riporta il settimanale Tv e Sorrisi e Canzoni, sarebbe stata scelta da Marco Mengoni per gestire lo stress.

Il cantante, che torna in gara al Festival di Sanremo a 10 anni dalla vittoria, non ha mai fatto mistero di essere attento al proprio benessere mentale e di seguire ormai da 7 anni un percorso di psicoterapia che gli ha permesso di esplorare la sua interiorità e da cui sembra essere nato

Anche il neurofeedback può essere visto come una strategia orientata al benessere psicologico ma, a differenza della psicoterapia, si tratta di una tecnica strumentale che consente, attraverso l’uso di un elettroencefalogramma e di un software, di allenare il cervello a modulare la propria attività, migliorando la concentrazione ma anche andando ad agire in modo funzionale su stati di ansia o di stress.

Si tratta di una tecnica che sfrutta un elettroencefalogramma collegato a un software per a migliorare le prestazioni del cervello e dunque il suo modo di funzionare.

Alcune frequenze cerebrali sono connesse a uno stato psicofisiologico positivo mentre altre ad uno negativo. Con questa tecnica le frequenze cerebrali del soggetto vengono registrate, attraverso l’applicazione di alcuni sensori sulla cute, e ne riceve un segnale – un feedback appunto –  acustico

Con questo tipo di allenamento si impara infatti a tenere sotto controllo il livello di attenzione e di concentrazione ma anche l’ansia, perché modulando suoni e immagini si recupera padronanza delle proprie prestazioni».

L’elettroencefalogramma come strumento compie quest’anno cent’anni e già dopo 30 anni dalla sua creazione si cominciò a pensare che la registrazione dell’attività elettrica del cervello potesse essere impiegata per agire sugli stati di attenzione o di ansia. I primi esperimenti sono stati fatti negli anni Cinquanta. Negli anni Settanta, poi, in California, si è cominciato ad utilizzare questa metodologia per i disturbi di attenzione nei bambini. È stato infatti dimostrato che i bambini con disturbo dell’attenzione hanno meno frequenze alfa nella zona della corteccia frontale. Con questa metodologia, quando il bambino raggiunge delle buone frequenze alfa e risulta quindi concentrato.

 

Fonte: VanityFair.it